Domande frequenti
Perché scegliere di fare une psicoterapia di tipo psicoanalitico ?
La psicoterapia è una cura che permette di rispondere alla sofferenza psichica cercando di capire da quali blocchi emozionali essa è generata. Identificare questi blocchi è una prima tappa per poterli poi sorpassare.
La psicoterapia di stampo psicoanalitico si interessa al passato della persona ma soprattutto al presente par cambiarlo e cambiare il futuro (per esempio, riuscire, capendoli, a non ripetere certi comportamenti che fanno soffrire).
La psicoterapia di stampo psicoanalitico attinge nelle emozioni che spuntano nella relazione col terapeuta. Una volta riconosciute, queste emozioni sono il motore del cambiamento che avverrà. La psicoterapia di stampo psicoanalitico è particolarmente adatta ai sintomi di sofferenza identitaria, di ansia generalizzata, di depressione, ai sintomi cronici e psicosomatici.
Come si aggiorna il mio psicoterapeuta ?
L’aggiornamento professionale di uno psicoterapeuta implica seminari e supervisioni regolari presso la sua società professionale. L’aggiornamento avviene anche attraverso le letture di riviste specializzate (L’Année psychanalytique internationale la loro pubblicazione e comunque nelle attività delle diverse associazioni professionali (ASUPEA).
Perché fare una psicoterapia durante l’adolescenza ?
L’adolescenza è un periodo in qui le carte si “rimescolano”. Si tratta di un momento-chiave nello sviluppo della persona, che la predispone in modo particolare a une psicoterapia.
I sintomi del lavoro adolescenziale possono essere comunque preoccupanti e spesso i genitori si chiedono se quello che hanno dinanzi a loro sia una crisi adolescenziale “normale” o i segni premonitori di una forma di psicopatologia. Distinguere le due situazioni non è cosa facile e capire cosa succede veramente può necessitare un aiuto specializzato.
I sintomi dell’adolescente non somigliano a quelli dell’adulto e se ci vuole una terapia, deve essere svolta in modo da tenere conto di questo periodo di vita con tutte le sue implicazioni (scuola, vita di famiglia, reazioni magari molto forti a certi eventi, e, in genere, una certa fragilità legata ai cambiamenti corporei e all’emergere della sessualità.
Il mio bambino ha bisogno di psicofarmaci ?
Oggigiorno i psicofarmaci usati coi bambini lo sono prevalentemente in un modo che non è riconosciuto dalla ricerca medica e dall’industria farmaceutica (“off-label”). In effetti, per ovvie ragioni, è estremamente difficile organizzare ricerca medica con minorenni.
Quindi, “fare la ricetta” a un bambino o a un adolescente, riposa soprattutto sull’esperienza del medico che la compila e sull’ipotesi che si possono dare psicofarmaci ai ragazzi come si danno agli adulti, adattando le posologie delle medicine al minor peso del bambino.
Questo è vero solo in parte e esistono importanti differenze generali nel modo in cui, per esempio, il fegato del bambino metabolizza le medicine, se questo metabolismo viene confrontato al metabolismo adulto.
La sensibilità cerebrale e il tipo di effetti secondari sviluppati sono anch’essi in parte specifici a quest’età. La prescrizione di psicofarmaci al bambino, ma anche all’adolescente, necessita un approccio specializzato (Rev Med Suisse 2005 (https://www.revmed.ch); I:917-8)
Come si svolge una seduta di psicoterapia dallo psichiatra-psicoterapeuta ?
Lo psichiatra psicoterapeuta ascolta il suo paziente in modo attivo. Le sue domande puntano a rilanciare il discorso del paziente e a permettergli di esporre le sue idee.
Lo psichiatra psicoterapeuta cerca poi di capire la natura dei conflitti interni che fanno soffrire il suo paziente perché quest’ultimo possa “snodarli”. Per questo lo psichiatra segue le associazioni di idee del paziente, cioè il modo in cui il suo paziente passa da un argomento all’altro.
Lo psicoterapeuta rimane molto attento alle proprie emozioni mentre ascolta il suo paziente perché considera che una parte della comunicazione del suo paziente è infra-verbale e passa attraverso il vissuto corporeo.
Che differenza fa scegliere un uomo o una donna come psicoterapeuta ?
A l’età adulta, non ci sono regole e quello che conta è quello che va bene alla persona che fa la domanda di una cura.
Durante l’adolescenza bisognerebbe sceglie il genere che meno suscita resistenze nel ragazzo per potere iniziare la terapia senza che quest’ultima venga subito ridiscussa e forse interrotta.
Perché andare da uno psicoanalista SSPsa ?
In Svizzera gli psicoanalisti possono chiedere di essere iscritti all’Albo della Società svizzera di psicoanalisi (SSPsa) e a l’International Psychoanalytic Association (IPA), che, dopo numerosi esami, rende conto della qualità della formazione del candidato, degli anni di psicoanalisi personale che ha seguito, dell’avvenuta frequentazione e partecipazione a numerosi seminari e supervisioni.
Perché fare una psicoterapia da uno psichiatra ?
Lo psichiatra è laureato in medicina e a seguito tirocini in medicina fisica prima di specializzarsi in psichiatria. Deve potere riconoscere e individuare i sintomi legati a una malattia fisica (per esempio un disturbo della tiroide) e che devono esseri curati dal medico di famiglia anche se si possono presentare sotto forma di disturbi psichici (un disturbo della tiroide può avere come sola manifestazione una depressione, per esempio).
Il corpo, che è poi il nostro legame principale colla realtà, è sempre al centro della sua attenzione. Lo psichiatra può giudicare della necessità di prescrivere uno psicofarmaco o altri tipi di terapia quali fisioterapia, ergoterapia, terapia di famiglia.
Durante il suo tirocinio post-laurea, lo psichiatra a lavorato negli ospedali e negli ambulatori pubblici per cui conosce bene la rete di cure nella città dove esercita. Sempre durante il periodo di specializzazione lo psichiatra ha imparato a compilare certificati e perizie per le casse malattie e le assicurazioni sociali.
Perché si dice che gli adolescenti soffrano in modo particolare della pandemia COVID ?
L’identità dell’adolescente è resa più fragile dalla spinta della pubertà, cioè da tutti quei cambiamenti che avvengono nel suo corpo e nella sua psiche.
La compagnia di coetanei può permettergli di rassicurarsi: vede negli altri che non è da solo coi suoi dubbi e le sue difficoltà (quello che invece tende a credere perché è centrato su sé stesso).
La pandemia impedisce in parte il ricorso ai giovamenti della vita di gruppo e questo spiega come certi adolescenti si sentano spiazzati dal lock-down e possano chiedere cure.
La pandemia frena poi i loro desideri di emancipazione mantenendoli per forza nel loro ambiente familiare, il che può generare diversi tipi di sintomi poco chiari che non vengono riconosciuti come tali ma che li fanno soffrire visto che si trovano in una situazione artificiale che interferisce con il loro sviluppo.
Devo aspettarmi che lo psichiatra mi dia psicofarmaci ?
Dopo una valutazione precisa per cui diverse sedute potranno essere necessarie, lo psichiatra potrà proporre al suo paziente di dargli degli psicofarmaci, per esempio quando il medico considera che i sintomi interferiscono in modo troppo grave colla vita quotidiana e lavorativa del suo paziente (gravi insonnie, disturbi della concentrazione, agitazione).
Si tratta sempre di trovare un compromesso tra la gravità dei sintomi, l’incidenza che hanno sulla vita quotidiana del paziente e gli effetti secondari che ogni farmaco può scaturire.
Questa ricerca di un equilibrio dovrà essere ancora più precisa quando la ricetta è fatta a un bambino o ad un adolescente perché l’organismo di questi pazienti è in crescita e che l’impatto, fisico e psichico delle medicine è, in quest’età, ancora più forte, come lo sono gli effetti secondari.
A che frequenza devo incontrare il mio psicoterapeuta ?
Dopo la fase di valutazione, una frequenza nelle sedute è stabilita tra il medico e il paziente.
Questa frequenza dipende da diversi tipi di fattori fra cui l’organizzazione della vita quotidiana del paziente e la sua disponibilità. Ma i fattori psichici sono anche molto importanti: bisogno trovare un ritmo di sedute che non sia né troppo intenso né troppo basso per le necessità e la sensibilità della persona che chiede una cura.
Un ritmo troppo basso toglierebbe senso alla cura e un ritmo troppo intenso sarebbe vissuto dal paziente come una sforzatura. Questo ritmo è diverso per ognuno di noi e deve quindi essere valutato in modo preciso e per ogni cura.
Questo ritmo può cambiare coll’andare del tempo, rallentarsi o intensificarsi, secondo l’evolvere dei bisogni del paziente e della cura.